IL PROFUMO PUÒ ESSERE TUTELATO COME PROPRIETÀ INDUSTRIALE?
La risposta positiva alla domanda se il profumo può diventare un bene tutelato dalle imitazioni sembra venire dalla recente modifica legislativa che, con il d.lg. n° 15/2019, ha riscritto il Codice della proprietà industriale (d.lg. n° 30/2005), uniformandolo alla Direttiva 2015/2436 del Parlamento europeo e al Regolamento 2015/2424.
Il nuovo art. 7 del Codice della proprietà industriale, infatti, non prescrive più che i marchi distintivi, per essere registrati e tutelati, debbano essere oggetto di precisa e completa rappresentazione grafica, ma richiede semplicemente che essi possano essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l'oggetto della protezione conferita al titolare.
Così, ad esempio, segni distintivi moderni, come ologrammi o immagini tridimensionali, musiche, filmati, oggi possono essere registrati come marchi d’impresa attraverso il deposito del file che li definisce in maniera informatica, che certamente non può essere considerato uno “scritto”.
Analogamente, un profumo oggi può costituire un “marchio olfattivo” in grado di identificare e distinguere una determinata produzione, industriale o artigianale.
A parte le grandi case di moda, che hanno sempre avuto, accanto alla produzione di abiti, anche quella di profumi, oggi molte industrie, soprattutto di abbigliamento per giovani e a prezzi contenuti, si presentano al pubblico con un’immagine coordinata che comprende anche l’offerta di un profumo, la cui fragranza viene spesso diffusa nei punti vendita.
In questo senso, allora, al profumo è possibile attribuire la protezione del marchio.
Si tratta della prima vera e propria tutela apprestata al profumo, dal momento che, in passato, in Italia non si è mai avuta una pronuncia giurisdizionale che riconoscesse alla creazione di esso lo stesso rango che si attribuisce alle altre opere dell’ingegno, nonostante la creatività insita nell’ideazione di una fragranza sia particolarmente elevata e, assai spesso, irripetibile.
L’estensione della tutela riconosciuta al diritto d’autore sarebbe assai più ampia di quella riguardante il marchio distintivo, perché proteggerebbe l’idea stessa della fragranza, ad esempio impedendo che uno stesso profumo possa essere realizzato con componenti diversi da quelli utilizzati dall’autore originario, tuttavia la modifica del Codice della proprietà industriale ha aperto la strada ad un più ampio riconoscimento che, in alcune Nazioni europee, oltre che negli Stati Uniti, è stato in alcune occasioni affermato, anche se con pronunce altalenanti.
Oggi, il proprietario di un “marchio olfattivo” può ottenere un titolo di proprietà industriale europeo e difendersi da ogni imitazione che possa ledere la propria identità imprenditoriale.
Il limite, però, risiede nel fatto che la protezione è comunque assegnata al “marchio” cioè ad un segno (in questo caso un profumo) che identifica un’azienda, ma non copre invece la produzione, come nel caso delle grandi case di profumieri, che non si distinguono per una sola fragranza, ma per la qualità in generale dei loro prodotti.
In questi casi, l’unica possibilità sarebbe quella del brevetto, che però mal si concilia con la necessità di depositare (e rendere pubblica) la lista completa degli ingredienti e delle loro proporzioni e in ogni caso meglio si presterebbe a beni di lunga durata, posto che assai pochi sono i profumi con una vita pluridecennale.