QUANDO IL GIUDICE SE NE INFISCHIA DEL PROCESSO
Anche i Giudici, almeno alcuni, sono convinti di potersi sostituire al legislatore e creare da sé le regole dei processi che gli vengono assegnati.
In questi giorni è viva la polemica su quanto scritto da un Giudice di Roma nell’avviso di fissazione di un’udienza per decidere su di una richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero e alla quale la persona offesa, come è suo diritto, si è opposta.
Queste le frasi scritte dal Giudice:
«Avvisa la persona indagata che è suo diritto non partecipare all’udienza come sopra fissata, è doveroso per legge per il giudice in relazione alla stessa, ove non dia mandato ad un difensore di fiducia, nominare e citare per l’udienza (come viene fatto con il presente atto) un difensore d’ufficio che per legge (art. 31 disp. Att. c.p.p.) ha diritto di chiedere una retribuzione alla persona indagata che ha difeso e per la quale sia comparso all’udienza sopra indicata. La persona indagata che, come suo diritto, non voglia comparire all’udienza e voglia limitarsi ad attendere la decisione del giudice senza trovarsi nella condizione di dover retribuire il difensore d’ufficio, contatti quindi il difensore come sopra nominatole e lo inviti espressamente e formalmente, a mezzo posta elettronica certificata o racc. A.R. o in altro documentato modo, a non comparire all’udienza fissata ed in generale a non svolgere alcuna attività difensiva».
L’Ordine degli avvocati di Roma, l’Organismo Congressuale Forense, la Camera Penale di Roma e l’Associazione Nazionale Difensori di Ufficio hanno protestato vivamente, sostenendo che un simile provvedimento viola apertamente la Costituzione e svilisce la funzione dell’avvocato in quanto la difesa tecnica è il principale baluardo del “giusto processo”.
Forse, però, è necessario prendersi un po’ di tempo per valutare attentamente il significato di questo provvedimento, che – a nostro avviso – è assai più grave di quello balzato alla prima attenzione.
Il Giudice, infatti, non sta dicendo all’indagato di non rivolgersi ad un avvocato perché, tanto, sono soldi sprecati. Gli dice molto di più:
« Caro indagato, vedi che il Pubblico Ministero ha chiesto l’archiviazione della tua posizione, ma io devo fissare questa udienza perché la persona offesa ha fatto opposizione. Però, siccome sono dell’idea di archiviare e respingere l’opposizione, non stare a presentarti all’udienza e non far venire nemmeno l’avvocato, così tu risparmi soldi e io mi tolgo questo fastidio senza perderci del tempo».
La violazione, allora, a noi pare molto più grave e colpisce molti più principi di quelli evidenziati dalle proteste sollevate in questi giorni:
- è svilita la funzione dell’intero sistema processuale, perché per il Giudice esistono udienze che non servono a nulla, dal momento che lui la decisione è perfettamente in grado di prenderla al chiuso della sua stanza, senza perdere tempo ad ascoltare le parti;
- è del tutto ignorata l’esigenza della persona offesa di difendere i suoi diritti ed ottenere che chi ha violato la legge venga punito e risarcisca il danno;
- è ancora una volta evidente l’assoluta “vicinanza” dell’organo giudicante alla pubblica accusa, già dimostrata dal fatto che il 90 % delle richieste di archiviazione trovano accoglimento nonostante l’opposizione della persona offesa, spesse volte con motivazioni del tutto eccentriche rispetto alla realtà dei fatti ed in aperta contraddizione con principi di diritto formulati dalla Corte di Cassazione, nella tranquillità che il provvedimento di archiviazione non si può impugnare;
- questa “furia” di accelerazione del corso del processo ha preso una deriva incontrollabile, tanto che il Giudice sente di potersi arrogare la funzione di riformare personalmente il codice di procedura ed appropriarsi della funzione legislativa;
- il Giudice ritiene di creare da sé le regole del processo che gli viene assegnato, così che a Roma potrà svolgersi in un modo, a Milano in un altro e a Torino in un altro ancora, ma anche all’interno di ogni singolo Tribunale sarà possibile coniare il detto “Magistrato che ti tocca, processo che ti trovi”.
Sono sacrosanti i diritti dell’imputato e le prerogative del suo difensore, è vero, ma altrettanto sacrosanti sono i diritti e le prerogative della persona offesa e, alla fine, della giustizia “giusta” ed “unica”.